Certamente fa un po’ impressione l’esitazione del governo regionale del Piemonte di fronte ai ticket sanitari. Da un lato ci pensa il Ministro della Salute Fazio a chiarire due cosette che dovevano essere già chiare agli amministratori piemontesi: da un lato ogni regione dovrà far fronte da sola all’eventuale rinuncia all’applicazione, dall’altra viene chiarito come le Regioni che stanno attuando un piano di rientro concordato per ripianare il deficit non potranno abolire il ticket. I rimedi suggeriti dimostrano anche lo stato confusionale di chi elargisce consigli per la cura del problema. Infatti qualcuno pensa ad un ticket progressivo con esenzioni per le fasce più basse e un aumento per le tasche maggiormente solide. Altri ancora lanciano il taglio dei costi della politica per ripianare le mancanze di bilancio varate dal Governo nazionale. Purtroppo è moneta corrente che eventuali tagli dei costi della macchina politica – sia chiaro, sempre doverosi – non riuscirebbero a coprire le magagne sanitarie, oltre a non potersi davvero considerare come strutturali e quindi con un’efficacia limitata nel tempo. La stessa “tassazione” progressiva nasconde un problema noto a chi mastica un po’ di economia sanitaria: l’aumento per i più ricchi li spingerebbe semplicemente a fruire in maniera più massiccia di prestazioni della sanità privata, costruendo in tempi nemmeno tanto lunghi una sanità a due binari, con quella pubblica in evidente svantaggio. Forse davvero bisognerebbe studiare meglio cosa sta accadendo in alcune regioni dove sembra si siano trovati modi meno “distorsivi” che non penalizzano e non creano due tipologie di cittadini di fronte alle necessità di cura.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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