Sergio Chiamparino, in un suo editoriale pubblicato su Lettera 43, sostiene che il Pd debba allearsi con Vendola e Di Pietro. Il ragionamento viene fuori dall’analisi dei risultati dell’ultima tornata elettorale che vedrebbe nei fatti fuori gioco il mai compiuto terzo polo, estremamente deludente nei numeri e ondivago nelle alleanze. Il tutto viene completato dal fatto che i referendum avrebbero dimostrato la volontà generale di “voler riaffidare alla spesa pubblica ed alla fiscalità generale il compito di trainare e governare il sistema”. Sergio Chiamparino è chiaramente un politico accorto ed intelligente e svolge il discorso con più eleganza di questa semplificazione, ma la somma del discorso è questa. Credo però che dovrebbe prestare maggiore attenzione a piccole insidie che si nascondono nelle pieghe del risultato, iniziando dall’analisi più puntuale dei numeri senza scorciatoie e approssimazioni. Sicuramente la sua esperienza e la sua camera di osservazione non sono trascurabili e sentono meglio il polso di politologi del giorno dopo che ci hanno spiegato il contrario di quello che affermavano il giorno prima delle votazioni, ma qualcosa credo gli sia sfuggito. Le persone hanno espresso un desiderio di cambiamento davvero non rituale e l’innovazione politica richiesta non credo possa ritrovarsi nei semplici cambi di maggioranza e di numeri: il problema, credo sommessamente, sta sia nel contenitore che nei contenuti. Parlare di novità politica non può significare rimpinguare o meno il consenso elettorale di contenitori che alla fine non corrispondono al desiderio comune di cambiamento. La stessa analisi sui contenuti emersi dalla volontà popolare non credo possa riportarsi all’oscillazione del pendolo tra statalismo e privatizzazione. Una mia personale convinzione è che le persone stiano semplicemente valutando tra due categorie di politici che sono, purtroppo, più o meno ugualmente distribuite nei diversi partiti: i “conservazionisti” e gli innovatori. I primi rappresentano la volontà di non voler cambiare più di tanto il quadro attuale, sia politico che economico. I secondi pensano che non siamo tanto in presenza di elettorati che miscelano in un unico contenitore idee tradizionalmente di destra o sinistra, ma che esistano nuove richieste, nuovi modi di produrre, pensare, scambiare, richiedere, informare e via discorrendo che trovano solo parzialmente risposte dai politici contemporanei. In sostanza la tradizionale divisione tra centro, destra e sinistra si sta scolorando in una nuova lente attraverso cui leggere la propria realtà e che suddivide il mondo in chi conserva e in chi innova. Sono certo che Sergio Chiamparino conosca il problema, ma probabilmente per lui abbia una valenza, un’importanza inferiore rispetto alla “politique” di tutti i giorni che ragiona, per sua natura ed anche con qualche ragione, in base alla forza impiegabile. Ma ciò non toglie che sarebbe davvero ora di sostituire il vetro degli occhiali buoni per il passato con più moderne lenti che mettano a fuoco il mondo che cambia.